È il 2 maggio 1948. Si corre il primo dei due giorni della XV Coppa delle Mille Miglia, corsa automobilistica di gran fondo, ribattezzata come “la corsa più bella del mondo”, un’esperienza mitica e totalizzante per il pubblico d’allora, come dimostrano le indimenticabili immagini di Amarcord di Fellini.
Fin dalla prima edizione, nel 1927, questa appassionante gara di velocità, lungo il tracciato Brescia-Roma-Brescia, ha spesso visto Spoleto tra le tappe principali, anche dopo il 1977, quando diventa una gara di regolarità storica e continua a passare con una certa frequenza per la città del festival, toccandola per l’ultima volta nel 2013.
La biblioteca Carducci conserva in archivio due fotografie dell’edizione della Mille Miglia del 1948, che si riferiscono al passaggio della corsa lungo viale Matteotti; quella corsa – oltre ad essere stata l’edizione con il maggior chilometraggio (1830 km) – sarà ricordata come una delle ultime prestigiose gare affrontate dal “Mantovano volante”, ovvero Tazio Nuvolari, uno dei più amati e celebrati piloti di ogni tempo.
Nella prima fotografia che vi proponiamo, per la rubrica “Accadde a Spoleto”, è probabile sia proprio Tazio Nuvolari il pilota che guida l’automobile. É impossibile distinguere le fattezze del guidatore e del suo co-pilota Scapinelli, ma che si tratti di “Nivola” è arguibile dal muso inimitabile della sua vettura, una Ferrari 166 SC, un mezzo dotato di una carrozzeria singolare, “a siluro”, con fari e parafanghi esterni, una sorta di incrocio tra un’auto e una moto. Nella seconda foto si riconosce l’Alfa Romeo 6C 2500 SS Spider Cabriolet guidata dalla coppia Graziani-Consani.
Le circostanze che portano alla partenza di Nuvolari a quella Mille Miglia, e poi le innumerevoli peripezie capitategli durante la corsa, hanno un sapore epico e dimostrano l’arditezza del pilota mantovano che viene convinto a partecipare all’ultimo momento da Enzo Ferrari. Nonostante la minima preparazione, nonostante una macchina mai guidata prima, nonostante i pesanti lutti familiari, nonostante una seria malattia ai polmoni, il quasi sessantenne Nuvolari, fin dalle prime battute della gara, si dimostra ancora un pilota formidabile e al passaggio degli appennini ha già conquistato la testa della corsa. Quando passa a Spoleto è ancora primo. A Roma ha un grande vantaggio. Poi iniziano le traversie. Già privo di un parafango, poco dopo Roma perde il cofano del motore, poi il sedile e infine una delle sospensioni. All’altezza di Reggio Emilia Enzo Ferrari lo scongiura di ritirarsi: troppo pericoloso continuare la corsa in quelle condizioni. L’indomita voglia di gareggiare e il coraggio da leone questa volta non possono avere la meglio su un’auto che ormai non risponde più ai comandi e sopratutto su un Nuvolari scoraggiato, stremato e sofferente. È quindi costretto, con enorme sofferenza e scoramento, a cedere e ad abbandonare la corsa; corsa che per la cronaca sarà vinta da Biondetti e Navone su altra Ferrari.
L’immagine del suo passaggio in viale Matteotti, in sella alla 166SC, ancora in testa alla corsa, con il pubblico assiepato lungo la strada, è un’immagine storica ma anche di potente valore simbolico, tra le ultime istantanee di una carriera gloriosa. Spoleto, in quel giorno di maggio, è stata testimone di una delle ultime imprese di un personaggio leggendario, la cui fama ha travalicato i puri meriti sportivi e il cui impatto sull’immaginario degli italiani è stato potente e duraturo. Di lui cantava Lucio Dalla: “Quando passa Nuvolari. La gente arriva in mucchio e si stende sui prati… Di morire non gli importa niente. Corre se piove, corre dentro al sole”.
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