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ANDREA PACANOWSKI All’infuori di me – Mostra @ Palazzo Collicola Arti Visive
Giu 30–Ott 7 giorno intero
<!--:it-->ANDREA PACANOWSKI  All’infuori di me - Mostra<!--:--><!--:en-->ANDREA PACANOWSKI  All’infuori di me - Exhibition<!--:--> @ Palazzo Collicola Arti Visive | Spoleto | Umbria | Italia

L’inaugurazione della mostra di Andrea Pacanowski, avrà luogo SABATO 30 GIUGNO alle ore 12:00 a Spoleto presso Palazzo Collicola Arti Visive.

La mostra, a cura di Gianluca Marziani, è inserita nel programma ufficiale del Festival dei Due Mondi. La conferenza stampa è in calendario alle ore 11:00 nella Galleria museale del Piano Nobile.

Chi non si è cimentato, almeno una volta, con un puzzle da centinaia di tasselli? Ricorderete le immagini che di solito compongono il mosaico: vincono i paesaggi a campo lungo e le visioni panoramiche in genere, con una quota maggiore per le nature incontaminate, gli spot culturali e le folle umane. Il puzzle racchiude, involontariamente, il senso dell’immagine odierna: la disintegrazione di un ordine da riassemblare somiglia ai passaggi tra analogico e digitale, ai trasferimenti tra device e stampa, ai legami tra alta e bassa definizione… la natura analogica del puzzle tocca il close-up e le profondità di campo, le staffette tonali tra zone di colore, fino ad integrare il glitch (l’errore di posizione del tassello) come ulteriore possibilità esplorativa.

Andrea Pacanowski presenta a Spoleto una quindicina di lavori fotografici. All’infuori di me raccoglie masse umane, corpi in ordine militaresco, gente in uniforme, gruppi rituali. Sono pattern collettivi che provengono, in particolare, dal consesso religioso in esterni, dai luoghi d’aggregazione dei culti monoteistici più diffusi. Le foto racchiudono tasselli d’umanità in un telaio geografico che gioca con l’astrazione pittorica e le iconografie del web, creando un cortocircuito estetico di alta fattura, mantenendo la purezza dell’analogico come potenziale mimetico (simulare tecniche digitali attraverso il talento analogico è un passaggio nodale nella fotografia contemporanea). Quei corpi riguardano le inquietudini del nostro tempo, i confini della libertà, la necessità di una guida spirituale, la ricerca di condivisione… tutti temi di portata storica e pregnanza politica, centrali in un’epoca così narcisistica, narrati da Pacanowski con abilità estetica e intelligenza concettuale.

Una fotografia dal risultato pittorico, modulata per ritmi e griglie, dove il colore diviene struttura plastica, dove il ritmo comprime il dinamismo interno dell’immagine. Pacanowski, attraverso l’ambiguità ottica del puzzle, sfida il pubblico alla visione mobile in avanti e indietro, per definire la messa a fuoco, per sciogliere le ambiguità retiniche che le immagini contengono. Le opere sono puzzle fotografici che rompono diverse certezze su usi e abusi del digitale. Secondo l’autore ogni scatto è un viaggio unico dal senso analogico, un’immersione lenta che richiede conoscenza tecnica, invenzione, ribaltamento di regole in apparenza immobili. L’immagine finale è il risultato di riprese, combinazioni, luci di scena e altri trucchi che il nostro ha affinato nel contesto della Moda, il suo luogo d’origine professionale, spazio di crescita tecnica ma anche di perfezionismi robotici senza emozioni. Pacanowski sentiva il limite del set e della post-produzione, del digitale come dittatura patinata: ed eccolo sfidare la messinscena elettronica, preferendo i codici lenti di un habitus interiore, dove la pelle fotografata si tramuta in geografia complessa, dove colori e tonalità definiscono l’invisibile, dove graffiature e segni amplificano l’energia iconografica. Le sue azioni sono scie sonore che mappano le armonie sinuose, localizzano dettagli, ampliano i segnali emotivi dietro un corpo. La fotografia prende qui il ritmo lento del pennello, rivelando una qualità metafisica che ci conduce in un rituale misterioso, ascetico, fatalmente spirituale.
La mostra a Spoleto entra così nel cuore dei culti monoteisti: Cristianesimo, Ebraismo, Islam. Un viaggio fotografico che racconta le metodiche spontanee dei grandi raduni, secondo un approccio che coglie gli equilibri gravitazionali, le scale cromatiche, i ritmi sincretici, le armonie collettive. Un’analisi per mostrare il valore etico di ogni religione, la possibile convivenza tra diversità, l’importanza del dialogo come cardine di una rifondazione universale. La fotografia di Pacanowski ribadisce tutto ciò, e lo fa con un’energia estetica che rompe il giudizio di merito, annullando i termini di superiorità e inferiorità, i pericolosi personalismi, le manie estremiste. Qui si parla di armonia e libertà, di uomini e donne che camminano sullo stesso Pianeta, respirando lo stesso ossigeno, inseguendo gli stessi sogni, in cerca di quella cosa indistruttibile che ovunque si chiama Amore.

E’ la fotografia che riprende la sua essenza analogica ma con il meglio che la stampa e i supporti possano offrire. Non è un ritorno alle origini ma l’origine di una continuità possibile, è la resistenza del fattore umano che orchestra frammenti di bellezza universale. Una bellezza che ci parla di religioni e sincretismo, che entra nel cuore caldo del Pianeta da una porta di liberazione dei contenuti. Andrea Pacanowski ci invita nelle sue tessiture ritmate, nelle moltiplicazioni di ogni singola diversità, nel rumore cromatico di una visione che coinvolge ognuno di noi. Perché, come dice il titolo, all’infuori di me ci sono sempre tutti gli altri.

www.andreapacanowski.it

La mostra termina domenica 7 ottobre 2018
Info mostra: www.palazzocollicola.it https://www.facebook.com/PALAZZOCOLLICOLA
Contatti Palazzo Collicola: info@palazzocollicola.it
Contatti Sistema Museo: ufficiostampa@sistemamuseo.it

EUGENE LEMAY Ghost Witness Shadow – Mostra @ Palazzo Collicola Arti Visive
Giu 30–Ott 7 giorno intero
<!--:it-->EUGENE LEMAY  Ghost Witness Shadow - Mostra<!--:--><!--:en-->EUGENE LEMAY  Ghost Witness Shadow - Exhibition<!--:--> @ Palazzo Collicola Arti Visive | Spoleto | Umbria | Italia

EUGENE LEMAY – GHOST WITNESS SHADOW
a cura di Gianluca Marziani

La mostra di EUGENE LEMAY sarà inaugurata SABATO 30 GIUGNO alle ore 12:00 a Spoleto presso Palazzo Collicola Arti Visive. La mostra, a cura di Gianluca Marziani, è inserita nel programma ufficiale del Festival dei Due Mondi.

La conferenza stampa è in calendario alle ore 11:00 nella Galleria museale del Piano Nobile.

Il Piano Nobile di Palazzo Collicola Arti Visive apre le sue quinte settecentesche per ospitare un nuovo progetto d’artista, disegnato in maniera “sartoriale” sul modello domestico delle stanze. L’approccio con Eugene Lemay segue le consuete regole di un inserimento morbido e inclusivo, ricreato con modi mimetici che si fondono nell’antico senza modifiche sostanziali.

Integrazione è la parola giusta per cogliere l’abbraccio tra la natura di un appartamento gentilizio e l’energia elettrica di un artista contemporaneo. Da una parte lo splendore opulento del luogo, dall’altra la potenza metaforica di Lemay, la sua critica sociale, la durezza monolitica delle opere. Il contrasto apparente si trasforma così in una fluida integrazione: ora la pienezza mai aggressiva del luogo, ora l’essenza espressiva di un’arte che aggredisce lo sguardo, caricando le stanze di un magnetismo invisibile ma denso.

Lo statunitense Eugene Lemay (1960, Grand Rapids, Michigan) torna in Italia dopo la personale romana al MACRO Mattatoio (a cura di Micol Di Veroli, febbraio – aprile 2015). Dimensions of Dialogue era il titolo di quella mostra, una frase che ben racchiude la coscienza etica di Lemay, la natura politica e militante del suo lavoro. Le opere a Palazzo Collicola sono le stazioni di un cammino nel dolore della guerra, nell’ipocrisia della politica, nella fobia e nel terrore che acceca, nelle ferite della carne e in quelle del cuore. L’artista americano conosce il rumore delle bombe, lo stridore delle armi letali, l’odore del sangue che scorre. A 13 anni si trasferì dal Michigan in Israele, passando l’adolescenza in un kibbutz, diventando poi un soldato volontario che ha impugnato le armi e combattuto per Israele. Un’esperienza durissima che ha segnato la sua vita di ebreo americano, plasmando il suo talento come fosse una tempesta che modella una montagna.

Ci sono vite normali che talvolta creano racconti straordinari. E poi ci sono vite straordinarie, senza approdi sicuri, che si sublimano in opere universali, destinate all’esperanto dello sguardo, alla dimensione collettiva dei valori naturali. Eugene Lemay si porta dentro lo straordinario di un’esistenza nomade, culturalmente feconda, impressionante per eventi e conseguenze. Una vita dentro la vita, talmente coinvolgente da trasformarsi in una spinta artistica, così da produrre conseguenze in forma di opere e messaggi visuali.

Gianluca Marziani: “Mi colpisce la doppia anima di alcune opere, la capacità che hanno di plasmarsi sui singoli habitat. Quando ho visto le installazioni nel gigantesco studio del New Jersey, ho pensato che respiravano in silenzio, dentro un ambiente neutro che le accettava senza conflitto. Una volta allestite a Spoleto, qualcosa in loro è completamente cambiato, adesso iniziavano una fase di respiro più rapido, come se sentissero un luogo anomalo e cercassero di adattarsi ad un habitat carico di memorie…”

Fantasmi, testimoni, ombre… sono loro che ci guidano idealmente lungo le stazioni del Piano Nobile, li sentiamo dentro i quadri, oltre le cornici, tra le finte bombe di un’installazione, dentro l’impasto pittorico, nei fondali monocromi delle superfici… Lemay attraversa il male dell’umanità con il passo metaforico dell’arte, evitando il ricatto del realismo, preferendo il passo sospeso dei riti allegorici, delle figure archetipiche, del nero che dissolve, del grigio che annebbia. Attraverso l’elaborazione digitale e l’esecuzione manuale si ricreano corpi e volti che sembrano nati dalla plastilina, dalla lana, dal vapore, dalla neve, dalla panna… sono ombre di carne, fantasmi solidi, testimoni silenti del male subìto… Corpi artici e nebulosi, simili ad orsi bianchi che abbracciano, si piegano, soffrono, cadono, si alzano in piedi… Corpi di soldati che potrebbero diventare tutto ciò che vorremmo fossero… Corpi che sono archetipi filosofici tra Platone e Nietzsche, talvolta neri come ombre nel buio della caverna, come soldati sotto il cielo senza stelle… Corpi che incarnano il dolore e la voglia di rinascita, divisi tra un male necessario e un bene ancor più necessario… corpi che sono fantasmi in cammino nel mondo, lenti ma elefantiaci nel passo pesante che calpesta le terre ferite… corpi che sembrano ombre solide, testimoni oculari del dolore collettivo… corpi che cercano la luce della notte, le stelle del giorno, l’orizzonte lontano degli eventi.

Gianluca Marziani: “Godot è arrivato tra noi assieme ai testimoni silenziosi di Lemay. La figura misteriosa di Samuel Beckett giunge tra i viventi, si confonde nella folla di fantasmi e ombre mute. Non si presenta a nessuno ma si capisce che è Godot, archetipo tra gli archetipi, testimone e giudice che guida gli umani sull’orlo dell’abisso, fermandosi poco prima della caduta. Davanti al vuoto ci riassume il male in un istante, carezzando la Terra che soffre, chiedendoci da che parte vogliamo andare… Perché il male ha raggiunto il culmine e oltre inizia il buco nero, l’antimateria dell’esistenza, la fine dell’ultimo finale di partita. Godot ci accompagna sul baratro e ci lascia guardare il vuoto infinito ma anche la luce dietro la schiena, la possibilità di un nuovo viaggio, di una rinascita plausibile. Ad ognuno di noi la scelta tra il buco nero e la luce, tra un lungo addio e un lunghissimo amore…”

Il progetto italiano di Eugene Lemay prevede una tappa successiva nel magnifico piano nobile del Museo RISO di Palermo, prestigiosa sede che amplierebbe le ragioni del dialogo tra memoria e presente, antichità e ragionamento contemporaneo. La direttrice del museo, Valeria Li Vigni, ha immaginato assieme a Marziani un viaggio speculare dentro due residenze che si sono trasformate in centri per l’arte del nostro tempo. Un incontro unico e spettacolare, corredato da un catalogo (edito dal RISO) che documenterà il valore visuale e tematico di questa splendida contaminazione.

La mostra termina domenica 7 ottobre 2018
Info mostra: www.palazzocollicola.it https://www.facebook.com/PALAZZOCOLLICOLA
Contatti Palazzo Collicola: info@palazzocollicola.it
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GIORGIO ORTONA – F.I.C.O. Feticci Individui Case Oggetti – Mostra @ Palazzo Collicola Arti Visive
Giu 30–Ott 7 giorno intero
<!--:it-->GIORGIO ORTONA - F.I.C.O. Feticci Individui Case Oggetti - Mostra<!--:--><!--:en-->GIORGIO ORTONA - F.I.C.O. Feticci Individui Case Oggetti - Exhibition<!--:--> @ Palazzo Collicola Arti Visive | Spoleto | Umbria | Italia

La mostra personale di Giorgio Ortona, sarà inaugurata SABATO 30 GIUGNO alle ore 12:00 a Spoleto presso Palazzo Collicola Arti Visive. La mostra, a cura di Gianluca Marziani, è inserita nel programma ufficiale del Festival dei Due Mondi.

La conferenza stampa è in calendario alle ore 11:00 nella Galleria museale del Piano Nobile.

La mostra è realizzata in collaborazione con Settantasette Gallery (MI).

Roma. Pigneto. Via Braccio da Montone: davanti a noi un edificio basso, al primo piano ecco lo studio di Giorgio Ortona, immerso in un quartiere che stigmatizza pregi e difetti di una città complessa, favolosa per evidenze ma decadente per attitudine; una metropoli che al Pigneto intreccia edilizia mista e creatività, nodo multietnico e vita notturna, proletariato e terziario tecnologico di nuova generazione. Da qui, tra Casilina e Prenestina, parte uno sguardo d’autore con la filosofia del drone: altezze a campo aperto per una visione concentrica e lenticolare della Roma moderna, palazzinara, commerciale, dissonante, cementizia, popolosa…

Giorgio Ortona dipinge non solo ciò che vede ma ciò che gli occhi odorano, ciò che le orecchie assaggiano, ciò che la bocca ascolta… un’apparente contraddizione dei sensi, specchio veritiero di un pennello che il contrasto semantico lo risolve al suo interno: pittura sporca eppure chirurgica, brulicante ma asciutta, realistica e al contempo mentale. Una pittura di contrasti sanati, dove lo stesso telaio di legno grezzo, pur imitando il pallet da cantiere, si trasforma in un distanziatore dalla perfetta calibratura. Una contraddizione che si risolve anche nei fondali: si intravedono linee, numeri e tacche che palesano la natura architettonica della tavola, come se il fondo fosse la cellulosa su cui l’autore progetta le visioni. Qui esce fuori l’anima d’architetto, il passato universitario e la disposizione mentale; emerge l’angolo di sguardo che certifica un imprinting ma anche il suo cortocircuito per merito di un linguaggio, la pittura, che ridefinisce il sentimento profondo dell’architettare.

La pittura è l’architettura abitabile degli spazi interiori

La Roma di Giorgio Ortona diventa matrice e codice genetico, genoma figurativo che attraversa molteplici luoghi di ambito novecentista. Non pensiate, però, alla solita Capitale da periferia disfatta; qui, al contrario, si raccontano la bella edilizia popolare anni Sessanta, certe facciate umbertine tra Esquilino e Colle Oppio, alcuni capolavori residenziali in Prati e San Giovanni, tanti palazzi monolitici che ben s’inseriscono nel contesto urbano, spesso tra tangenziali a serpente, sopraelevate, raccordi e strisce d’asfalto. Ortona mappa l’urbe capitolina tra tetti e antenne, balconi e verde pubblico, crea geografie di cemento armato, esalta il cantiere con il corredo d’impalcature e gru svettanti… verrebbe da dire: da tempo Roma non era così “romana” in un quadro; viene da aggiungere: una Roma tanto minuziosa da rendersi universale, archetipo di qualsiasi luogo cresciuto per incroci meticci, scambi culturali, energia collettiva, potere politico e investimento economico.

La Roma di Ortona è anche la città dei volti amati, dei corpi affini, degli oggetti sensibili che catturano la sua fiducia emotiva. E’ un mondo di affetti e sensazioni vive, un legame vigile con la prosa del quotidiano: la città al di fuori, le persone e gli oggetti negli appartamenti, sui terrazzi, davanti ad una porta, dentro un negozio, in piedi per strada, dovunque il corpo, un cibo o un oggetto siano integrazioni biologiche della città pulsante. Lo stesso autoritratto, oggi esposto con alcune varianti, coinvolge magliette o giubbotti che l’autore, dileguatosi nel bianco pittorico, indossava al momento della foto, offrendoci così un ritratto per assenze, per evocazioni urbane, per rumori di fondo.

L’immaginario urbano di Ortona nasce dall’alto, attraverso le immagini panoramiche di Google Earth. Da qui la creazione di una griglia pittorica in cui il realismo si affianca alle cancellature di colore, alle assenze evocate, alle dissolvenze improvvise. Scompaiono le zone che non meritavano celebrazione, che stridevano nel contesto, che inquinavano l’occhio architettonico di Ortona. Assenze solo apparenti che si trasformano in fasce di colore, richiamando Nicolas De Staël e Alberto Burri, elettrificando la pittura con volumi astratti, tanto plastici da fondersi con la città reale.

Ad accompagnare i quadri ci sarà Storie di Pittura, un video che racconta l’artista nei suoi spazi di vita e lavoro. Un’appendice che tira le somme narrative di un viaggio unico nella città che non dorme, nei quartieri ad alta temperatura umana, nei mondi privati di un artista che architetta, giorno per giorno, le sue stanze interiori. Il video è stato realizzato da Sintesi Visiva.

Come direbbe qualcuno che passeggia per il Pigneto: “Davvero FICO sto quadro de Ortona…”

F.I.C.O. ovvero, Feticci Individui Case Oggetti
www.giorgioortona.com

La mostra termina domenica 7 ottobre 2018
Info mostra: www.palazzocollicola.it https://www.facebook.com/PALAZZOCOLLICOLA
Contatti Palazzo Collicola: info@palazzocollicola.it
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ROBERTA PIZZORNO Full of Emptiness – Mostra @ Palazzo Collicola Arti Visive
Giu 30–Ott 7 giorno intero
<!--:it-->ROBERTA PIZZORNO  Full of Emptiness - Mostra<!--:--><!--:en-->ROBERTA PIZZORNO  Full of Emptiness - Exhibition<!--:--> @ Palazzo Collicola Arti Visive | Spoleto | Umbria | Italia

L’inaugurazione della mostra di Roberta Pizzorno è prevista per SABATO 30 GIUGNO alle ore 12:00 a Spoleto presso Palazzo Collicola Arti Visive.

La mostra è inserita nel programma ufficiale del Festival dei Due Mondi.
La conferenza stampa è in calendario alle ore 11:00 nella Galleria museale del Piano Nobile.

Roberta Pizzorno porta a Spoleto gli esiti figurativi di un lungo lavoro con la china e l’acquerello. Da due anni l’artista ha scelto Spoleto come territorio di residenza, alimentando un legame virtuoso con Palazzo Collicola Arti Visive. Assieme al museo sono nati diversi progetti, in particolare con il gruppo di Sistema Museo che ha integrato certe metodologie del disegno nei diversi workshop didattici. La mostra odierna si offre come un resoconto in progress, una sintesi che trova nella sala di Sten & Lex un ideale laboratorio espositivo.

Il punto: la partenza di ogni cosa, il fattore primigenio, l’inizio del viaggio conoscitivo. Punto come prologo e primo capitolo dell’esistente, istante sospeso in cui ogni forma è possibile, ogni libertà pronta per i liberi, ogni bellezza potenzialmente disponibile.

…il micromondo cellulare, il gigantismo cosmico, la natura vegetale, il mondo animale…

Punto, linea e curva definiscono le filiazioni interiori della Pizzorno, la sua cosmogonia intima, il suo spazio di coscienza estetica. Il gesto, disciplinato e quotidiano, agisce per linee e curve, creando bioforme volanti, volumi gassosi, solidi senza peso apparente. La china e l’acquerello si dividono il processo esecutivo e ricreano due mondi paralleli ma dialoganti, uniti da una gestualità che fa da ponte tra le anime formali.

Il punto, similmente ad una cellula, inizia a sentire i rumori del Pianeta, registra suoni chiari e scie subliminali, cerca il punto prossimo per definire la catena narrativa della linea, dello scivolamento in avanti, del dialogo che non si ferma ma ricrea le frasi del nostro sogno cosciente.

Affrontare la linea, ovvero, il cammino della forma, lo sviluppo di un’idea nel suo scheletro necessario.
La linea come ambizione di conoscenza, ricerca del margine aperto, avventura nel mistero pulsante del futuro. Una linea che viaggia sempre in avanti, seguendo il movimento della mano e l’occhio dei sentimenti. La linea come coscienza vigile del progresso.

…direzioni del bianconero essenziale, ritmi armonici, direzioni del colore oltre l’essenza…

Quella linea morbida conferma la limpidezza di uno sguardo pacificato, libero da catene mondane e lacci sociali. Pizzorno esce dalle apparenze del reale per costruire soggetti visivi che volano nel raggio gravitazionale del fantastico. Sono embrioni complessi dove umano, animale e vegetale appartengono alla medesima coscienza biologica. La metamorfosi pulsante diviene la ragione genetica dei suoi amabili corpi, l’armonia del dialogo guida la ritualità del gesto continuo. Sono forme che producono meraviglia…

La nostra artista pratica l’armonia e l’equilibrio come fosse un rito respiratorio. Senti che i suoi progetti non hanno nodi o protusioni, al contrario appaiono fluidi e musicali, purissima entropia in forma raccolta. L’opera si trasforma in un continuo autoritrarsi per frammenti emotivi, un diariogramma che si distende lungo le curve rituali della vita. Punto, linea e curva rendono il gesto una specie di respirazione continua e consapevole, così simile al contrarsi ed espandersi dell’universo.

Affrontare la curva, ovvero, la forma nella sua complessità, verso il senso che definisce un progetto.
La curva come planimetria dell’intuizione, un sismografo cosmico e interiore che disegna il cortocircuito, le convivenze, l’armonia finale. Una curva che parla di evoluzioni, sinestesie, bellezza. Angoli morbidi che camminano attraverso la china per poi librarsi in aria attraverso l’acquerello,

…disegnare per capire, finché l’occhio ricomincia a vedere…

Voglio pensare che i corpi volanti dell’artista siano occhi cosmici che racchiudono le formule segrete delle emozioni, dei sentimenti, della bellezza limpida, della chiarezza conoscitiva. Corpi d’inchiostro vivo, scuri per incidersi come solchi sensibili, maestosi nella loro eterea pienezza. Corpi fatti di china, corpi di un italianissimo e geolocalizzabile made in china. Corpi fatti anche di liquido acquerello, membrane gestaltiche di un privato ed emozionante made in herself.

La mostra termina domenica 7 ottobre 2018
Info mostra: www.palazzocollicola.it https://www.facebook.com/PALAZZOCOLLICOLA
Contatti Palazzo Collicola: info@palazzocollicola.it
Contatti Sistema Museo: ufficiostampa@sistemamuseo.it

TTOZOI – GENIUS LOCI (REWORKS) – Mostra @ Casa Romana
Giu 30–Ott 7 giorno intero
<!--:it-->TTOZOI - GENIUS LOCI (REWORKS) - Mostra<!--:--><!--:en-->TTOZOI - GENIUS LOCI (REWORKS) - Exhibition<!--:--> @ Casa Romana | Spoleto | Umbria | Italia

L’inaugurazione della mostra del duo TTOZOI, avrà luogo SABATO 30 GIUGNO alle ore 16:00 a Spoleto presso la CASA ROMANA. La mostra, a cura di Gianluca Marziani, è inserita nel programma ufficiale del Festival dei Due Mondi. La conferenza stampa è in calendario alle ore 11:00 presso Palazzo Collicola Arti Visive.

GENIUS LOCI, ideato da Stefano Forgione e Giuseppe Rossi, sotto la cura di Gianluca Marziani, nasce dall’idea di realizzare opere d’arte direttamente nei luoghi storici prescelti, attraverso l’originale tecnica della proliferazione naturale di muffe su juta, con interventi pittorici successivi.

Gianluca Marziani: La muffa diventa puro codice linguistico, un applicativo biologico che conduce la pittura al punto limite delle sue possibili mutazioni. La grammatica dei TTOZOI rigenera i modelli archetipici di Calzolari e Penone, riportando l’orbita iconografica nei perimetri evolutivi del quadro. L’azione naturale non si disperde ma avviene su superfici circoscritte, sotto il controllo dello spazio d’azione. Un evento tra casualità e controllo che radicalizza il legame tra Arte e Natura, rendendo la biologia un fenomeno elaborativo e partecipativo. Una dialettica viva che porta il fattore creativo nel cuore pulsante del ciclo naturale…

Il “concettualismo naturalmente informale” o “l’informale naturalmente assoluto” che è alla base dell’operato di TTOZOI, evolve il suo naturale processo creativo, ponendosi a contatto con tre siti Unesco, simboli universali della cultura architettonica e archeologica italiana: la REGGIA DI CASERTA (novembre 2017) con la sua necropoli sannita databile IV sec a.C., riportata alla luce nel 1990 nell’area sottostante il secondo cortile; l’ANFITEATRO DEL COMPLESSO ARCHEOLOGICO DI POMPEI (dicembre 2017) dove il duo ha utilizzato gli ambulacri, sepolti dall’eruzione del Vesuvio del 79 e poi riportati alla luce; infine il COLOSSEO (prossimamente), il più grande anfiteatro del mondo, simbolo globale di Roma ed icona d’Italia. All’interno di questo processo che diventa fusione molecolare e concettuale, giunge la mostra alla CASA ROMANA di Spoleto, sorta di spin-off espositivo che inserisce una residenza privata tra le tre tappe monumentali.

Gianluca Marziani: Le tre aree prescelte rappresentano l’apoteosi del genio italico, la vetta archeologica di antichi lustri dell’umano ingegno. Dentro questo ciclo monumentale serviva un passaggio di raccoglimento, una dimensione intima del processo naturale. Un adattamento domestico che riportasse le opere nello spazio del ciclo domestico, dove la memoria storica si aggancia al disegno degli habitat moderni…

La Casa Romana di Spoleto, datata all’inizio del I secolo d.C., è un’abitazione signorile scoperta dall’archeologo spoletino Giuseppe Sordini negli anni 1885-1886 e scavata a più riprese fino al 1914. Si trova in parte sotto la piazza del Municipio e in parte sotto il Palazzo Comunale di cui occupa le fondamenta. Ad oggi rappresenta il sito più frequentato dal turismo che giunge a Spoleto nel corso dell’anno solare.
A Spoleto si vedrà una rigorosa selezione tra le opere delle prime due tappe, oltre ad un progetto di proliferazione site specific, pensato per l’impluvio della Casa Romana. Una quindicina di opere che verranno inserite con ragione mimetica e rispetto ambientale, quasi a fondere la natura viva della pietra con la natura controllata delle muffe naturali.

Gianluca Marziani: L’integrazione coi luoghi avviene per proliferazione ramificata. Non più qualcosa di puramente formale ma un processo che integra visibile e invisibile, memoria e presente, storia e cronaca, individui e collettività…

Nelle prime due tappe gli artisti hanno creato le opere in situ, installando alcune teche sigillate all’interno delle quali le tele sono restate per circa 40 giorni: il Tempo e la Natura hanno fatto il resto. Durante la gestazione è la tela che cattura l’humus, l’anima di ogni luogo, andando oltre il visibile, permettendo di trasferirvi la memoria del “contenitore” culturale mediante due fattori: il “condizionamento emotivo” e il “condizionamento ambientale”, in grado di evocare nella mente dell’osservatore la storia e le suggestioni dei luoghi prescelti.

Il processo informale, realizzato a quattro mani, prevede l’utilizzo di materie organiche (farine varie), acqua e pigmenti naturali su tele di juta, poi riposte in particolari teche che favoriscono la naturale proliferazione di muffe, con manifestazioni sempre diverse; nutrendosi della sola parte organica, le spore interagiranno con l’opera secondo uno schema ignoto ed apparentemente caotico. In realtà TTOZOI monitora la progressione del processo, fin quando deciderà di interromperlo, secondo una declinazione di “salvataggio dall’estetica in purezza”. Solo a questo punto le tele verranno pittoricamente rifinite ed ultimate, lasciando visibili le tracce del passaggio della natura.

Gianluca Marziani: La pittura di radice informale trova la sua evoluzione più significativa, un approdo estetico che stravolge il fattore interpretativo delle opere. Tutte le apparenze astratte si trasformano in un processo ad alta valenza figurativa, dove ciò che vediamo ci conduce ben oltre la pura forma, nella stratificazione pittorica di memorie, esperienze, processi dinamici, contributi esogeni…

Giovedì 19 luglio 2018 è prevista una personale all’interno della Reggia di Caserta. Una mostra di chiusura si terrà, infine, in una prestigiosa sede museale capitolina, così da esporre tutte le opere realizzate nei tre complessi monumentali. A Caserta verrà esposto il ciclo completo che è stato realizzato nei mesi di proliferazione dentro la necropoli sannita.

TTOZOI_Biografia
Stefano Forgione (Avellino, 1969) e Giuseppe Rossi (Napoli, 1972) sono il duo artistico operante con lo pseudonimo TTOZOI dal 2010, anno della personale a Napoli presso Castel Dell’Ovo (a cura di Luca Beatrice). Stefano (Laurea in Architettura) e Giuseppe (Laurea in Economia) sono entrambi autodidatti. Fin dall’adolescenza sperimentano varie tecniche artistiche (carboncino, china, acquerello, acrilico, olio, spray, collage…) e si avvicinano alla Storia dell’Arte per approfondire la cultura Informale, assecondando la loro vocazione estetica e concettuale. Nel dicembre 2006 sarà la comune passione per i temi informali a riavvicinare i due, dopo anni vissuti in varie città d’Italia. Al centro del loro confronto c’è la consapevolezza che “l’Arte sia sempre stata Contemporanea” e che “l’Artista non può operare prescindendo dal passato”: da qui l’elaborazione di un progetto – basato su “concetto” e “forma”, “tempo” e “materia” – che sta diventando portavoce di una piccola rivoluzione nel campo sperimentale della pittura. TTOZOI è artefice del cosiddetto “vuoto d’intervento”, una vera e propria attesa, successiva all’azione simultanea a quattro mani sulla tela.

La mostra termina domenica 7 ottobre 2018
Info mostra: www.palazzocollicola.it https://www.facebook.com/PALAZZOCOLLICOLA
Contatti Palazzo Collicola: info@palazzocollicola.it
Contatti Sistema Museo: ufficiostampa@sistemamuseo.it

YIGAL OZERI Where are we going? – Mostra @ Palazzo Collicola Arti Visive
Giu 30–Ott 7 giorno intero
<!--:it-->YIGAL OZERI  Where are we going? - Mostra<!--:--><!--:en-->YIGAL OZERI  Where are we going? - Exhibition<!--:--> @ Palazzo Collicola Arti Visive | Spoleto | Umbria | Italia

L’inaugurazione della mostra di YIGAL OZERI è prevista per SABATO 30 GIUGNO alle ore 12:00 a Spoleto presso Palazzo Collicola Arti Visive.

La mostra, a cura di Gianluca Marziani, è inserita nel programma ufficiale del Festival dei Due Mondi.

La conferenza stampa è in calendario alle ore 11:00 nella Galleria museale del Piano Nobile.

La pittura sta definendo nuove relazioni coi media tecnologici, confermandosi il più attrattivo, assorbente e intenso codice visuale del nuovo millennio. Passano i secoli, scorre il progresso ma non cambia l’idea che la pittura incarni una solida permanenza, un linguaggio densamente biologico, detonatore di metafisiche resistenti e simboli tramandabili. Sono molteplici i dialoghi che la pittura intrattiene con il mondo fotografico: un binomio virtuoso per codificare un’estetica transmediale, specchio metaforico di un presente ad alta consumazione visiva. In un periodo storico di revisione linguistica, era naturale che il codice fotorealista riprendesse centralità operativa e concettuale. Anche perché oggi, distanti dagli esordi di Chuck Close e Richard Estes, il linguaggio iperrealista assorbe le cellule digitali e modifica la pittura in un ibrido, calibrato sulle proiezioni in 3D e 4D, sui sistemi operativi degli smartphone, sui software fotografici di scatto e modifica. La pittura iperrealista si è così trasformata in pittura postdigitale, una sorta di OGM pittorico che ha metabolizzato la fotografia analogica, sedimentando nel suo impasto diverse tracce di futura memoria.

La pittura postdigitale di Yigal Ozeri mette al centro dello sguardo la DONNA…

Eva continua ad alimentare l’estasi dell’arte a due dimensioni. Lei, la Prima Donna del desiderio, la pietra miliare della narrazione, l’archetipo erotico dell’umanità ancora irradia l’ambizione artistica della traccia, del contorno, del segno, del colore… La creazione in generale insegue icone resistenti, cerca i moloch che siano la Stonhenge dell’educazione emotiva. La Donna nuota da sempre al centro del pensiero artistico, guida il documento storico ma anche l’azione rivoluzionaria, il cambiamento, la lotta militante. Raccontare la Donna nel quadro significa agire dall’origine per inquadrare la complessità; significa amare e condividere, usando la lingua del corpo e dello sguardo, della chimica e dell’alchimia; significa nascondere messaggi etici nelle pieghe di un abito, nel riflesso dentro l’occhio, nella postura del viso, negli oggetti indossati…

La Donna come detonatore simbolico per una rinascita sociale, politica, culturale…

Yigal Ozeri (1958) è un autore israeliano che vive e lavora a New York, nella città che meglio di altre regala stimoli al suo immaginario, dentro un perpetuo ritmo fisico che aderisce alle sue intenzioni tematiche. Dalle strade, dai volti, dai corpi in cammino l’artista ricava sensazioni che trasferisce nei suoi shooting con le modelle in posa, quando definisce il portfolio da cui ricaverà le immagini da dipingere. Non pensiate, però, ai vecchi codici della pittura iperrealista, oggi non si catalogano strade, macchine, vetrine o altri feticci del modello americano. La lucida freddezza dei predecessori si tramuta in un occhio caldo, emotivamente coinvolto, alla ricerca di un erotismo fluido, di una giovinezza raffaellita ma anche digitale, di una sensualità senza barriere. Le donne di Ozeri sono detonatori rivoluzionari che agiscono sullo sguardo. Non urlano, non abbracciano armi, non distillano odio ma guardano davanti e in avanti, verso il mondo stravolto, le derive psicotiche, le culture del terrore. Lo fanno dai loro luoghi silenziosi, dai contesti quieti in cui vivono la loro eternità pittorica. Guardano ognuno di noi, colpendo il nostro sguardo, la nostra coscienza civica, agendo a rilascio lento e prolungato, come accade con la Letteratura e la Poesia.

Quello sguardo femminile, così placido e sospeso, ha qualcosa di rivoluzionario…

L’universo di Ozeri si riconnette ad una tradizione occidentale, soprattutto italiana, di ritrattistica al femminile, dai volti virginali nella Firenze del Cinquecento al bianco neoclassico di Antonio Canova, passando per l’Ottocento di Giovanni Boldini, il Novecento di Amedeo Modigliani… Ozeri attraversa le matrici del femminile e le conduce in un’epica urbana, multirazziale, eterogenea. Le sue creature sono le Madonne dei nostri giorni, le Sante di un presente caotico, le gran dame di un oggi virtuale ma non sempre virtuoso. Sono le amazzoni della città visibile, gli sherpa del nostro cammino interiore, le giovani madri dell’umanità che vede il futuro. Sono la risposta alla cultura della violenza, un contrattacco morbido con colpi di bellezza e azioni poetiche. Potete starne certi: il futuro dell’umanità dovrà passare per le traiettorie del sublime, dell’estasi, del desiderio, della bellezza…

Le donne di Ozeri giungono diritte dal presente eppure sembrano fuori dal tempo, oltre lo spazio della creazione, fluttuanti come stelle che attraversano i secoli. I loro sguardi, le loro posture, i loro corpi sono frammenti di un lungo discorso sentimentale, nato con la vita e destinato a durare oltre noi stessi, oltre la contingenza del quotidiano. Le donne di Ozeri simbolizzano un’iconografia resistente, a riprova di una rigenerazione perenne che solo la pittura (e in parte la scultura) rende possibile. Perché queste fanciulle di raggiante sensualità, splendenti negli sguardi, magiche nel modo di porsi, raccontano la resistenza indissolubile del quadro, la capacità di contagiare il futuro con la memoria di un eterno presente. Non sono più semplici modelle ma un modello di bellezza tramandabile, una semantica dell’indissolubile, una traccia dell’infinito immaginato e sognato.

Quelle donne sembrano dirci: “Dove stiamo andando? Cosa stiamo facendo? Come possiamo migliorare le cose?”. Non ci sono risposte nei quadri, ovvio, poiché l’arte si occupa solo delle domande. Al contempo, i loro sguardi ci guidano oltre la soglia, nell’oceano del dubbio, evocando la possibilità di un’isola, di un approdo sicuro per la nostra coscienza. Un luogo in cui chiarire lo sguardo, provando a realizzare una risposta.

L’unica figura maschile in mostra è lo stesso artista, un primo piano in bianconero che scruta come un demiurgo davanti agli allievi. Il volto espressivo e la chioma di capelli hanno l’impatto minuzioso dei ritratti di Bronzino e Rembrandt, quel modo chirurgico di gestire il climax con mirabile drammaturgia. Yigal Ozeri incarna gli occhi delle nostre risposte possibili, somigliando ad una guida che ci osserva mentre la Bellezza rivela le coordinate dell’isola.

www.yigalozeriartist.com

La mostra termina domenica 7 ottobre 2018
Info mostra: www.palazzocollicola.it https://www.facebook.com/PALAZZOCOLLICOLA
Contatti Palazzo Collicola: info@palazzocollicola.it
Contatti Sistema Museo: ufficiostampa@sistemamuseo.it

Ott
27
Sab
Mostre di Palazzo Collicola Arti Visive: TORU HAMADA e ANGELO DOZIO @ Palazzo Collicola Arti Visive
Ott 27 2018–Feb 24 2019 giorno intero
<!--:it-->Mostre di Palazzo Collicola Arti Visive: TORU HAMADA e ANGELO DOZIO<!--:--><!--:en-->Exhibitions at Palazzo Collicola Arti Visive: TORU HAMADA and ANGELO DOZIO<!--:--> @ Palazzo Collicola Arti Visive | Spoleto | Umbria | Italia

Palazzo Collicola Arti Visive, dal 27 ottobre 2018 al 24 febbraio 2019
Toru Hamada e Angelo Dozio
Inaugurazione: sabato 27 ottobre ore 12.00

TORU HAMADA – Antologica

La mostra è a cura di Gianluca Marziani e Italo Bergantini, ed è realizzata in collaborazione con Romberg Contemporanea. Dopo la collocazione a giugno, durante il Festival dei Due Mondi, di una sua scultura in marmo di Carrara davanti al Teatro Nuovo, arriva oggi una grande mostra che ci racconta la sua pittura poetica e ispirata… La vita di Toru Hamada somiglia al ciclo elaborativo della sua arte. Si sente, in primis, il legame atavico col Giappone, ascrivibile ad uno stato dell’essere che privilegia il silenzio atmosferico, la fermezza dello sguardo, la disciplina tra corpo e spirito. Al contempo, si sente la seconda patria in Europa, prima a Pietrasanta e poi nella campagna francese di Saint-Lubin-de-la-Haye, due luoghi di solida cultura che hanno accolto l’uomo e l’artista. Asia ed Europa, due continenti che oggi tirano le somme adulte in quest’esperienza umbra, nel cuore di una Spoleto che da sempre concepisce l’armonia tra mondi lontani.

ANGELO DOZIO – La disciplina del dubbio costante

Continua l’indagine storica di Palazzo Collicola Arti Visive tra artisti italiani che meritano una più esaustiva valutazione del proprio operato ultradecennale. Dopo Gianfranco Chiavacci, Gastone Biggi, Salvatore Emblema e Giuseppe Biasio, è oggi la volta di Angelo Dozio con un’antologica allestita tra le sale bianche del Piano Mostre e gli arredi gentilizi del Piano Nobile.
La mostra è a cura di Gianluca Marziani: “Rivedendo i cicli di una lunga carriera, Angelo Dozio evidenzia un valore coerente nel tema della trascendenza. Perché è vero l’intuito tecnologico, il legame con l’urbanistica e l’architettura, la presenza implicita del suono, la veggenza sul linguaggio digitale, ma al dunque emerge una sospensione metafisica che sopravanza il resto, un sistema iconografico che torna alle linee della croce sacra, alle curve dei capitelli greci e romani, alle bicromie marmoree fiorentine, alla pianta di chiese e basiliche, al disegno delle città ideali… la geometria di Dozio esce fuori dalla Storia e si inerpica nei valori dell’Assoluto, dove solo la pittura può giungere, dove il disegno ingloba la morale, dove la Bellezza ragiona oltre le contingenze mondane.”

PALAZZO COLLICOLA ARTI VISIVE
Piazza Collicola, 1 Spoleto
Info mostra: www.palazzocollicola.it
https://www.facebook.com/PALAZZOCOLLICOLA

Contatti Palazzo Collicola: info@palazzocollicola.it
Contatti Sistema Museo: ufficiostampa@sistemamuseo.it

Mar
29
Ven
Mezz’ora dopo la chiusura – UNA NOBILE PASSEGGIATA @ Palazzo Collicola Arti Visive
Mar 29@19:00
<!--:it-->Mezz'ora dopo la chiusura - UNA NOBILE PASSEGGIATA<!--:--><!--:en-->Mezz'ora dopo la chiusura - A NOBLE PROMENADE<!--:--> @ Palazzo Collicola Arti Visive | Spoleto | Umbria | Italia

Palazzo Collicola Arti Visive
Mezz’ora dopo la chiusura

UNA NOBILE PASSEGGIATA
Visita all’appartamento gentilizio

Mezz’ora dopo la chiusura, l’evento a cura di Sistema Museo, vi aspetta venerdì 29 marzo 2019 alle ore 19.00 con Una nobile passeggiata.

L’incontro sarà un’occasione per fare la conoscenza della Famiglia Collicola; una passeggiata attraverso l’Appartamento Nobile del palazzo gentilizio per svelare l’ascesa di uno dei casati più influenti della città.

La serata prosegue con un aperitivo.
Si ringrazia Con Spoleto – Consorzio Albergatori di Spoleto.

L’evento vede la collaborazione del Con Spoleto – Consorzio Albergatori di Spoleto.

Quota di partecipazione
Visita guidata – intero € 7,00
Visita guidata – Ridotto € 5,00 per spoleto CARD e fidelizzati
Aperitivo € 5,00

INFO
Ai fini organizzativi è gradita la prenotazione entro le ore 13:00 di venerdì

news.spoletomusei@sistemamuseo.it – 0743 46434

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